mercoledì 29 settembre 2010

Dopo i porci arrivano i ratti

Da noi si parla di porci, gli svizzeri invece di topi. La storiella è questa. Ci sono tre topi. Anzi, tre ratti. Il primo si chiama Fabrizio, vive a Verbania, ma fa il piastrellista in Ticino. Il secondo si chiama Bogdan. È rumeno. Non ha né un domicilio, né un lavoro. Il terzo si chiama Giulio. I tre animali sono i protagonisti della campagna lanciata ieri in Ticino, si chiama Bala i ratt e appare sui manifesti (foto)
I frontalieri italiani che lavorano nel Canton Ticino, definiti sostanzialmente “ratti”.
Il paragone con i topi, tengono a precisare i promotori ancora anonimi, è comunque dei più gentili. Perché i ratti? Il ratto è qualcosa di spregevole. C’è il concetto di “derattizzazione” dietro tutto ciò. (fonte tio.ch)

Ogni tanto qualcuno ti sposta la riga. “Se intend furest tucc chi che ghè nasù sott Canton Ticin”. Speriamo che non si mettano in moto pure gli eschimesi.

Così i frontalieri padani doc che lavorano in Ticino sono 45 mila, un lavoratore su quattro e
continuano ad aumentare. Gli imprenditori svizzeri (i furbetti del cantoncino), anche quelli che probabilmente sono vicini alle varie Leghe che promuovono queste campagne, puntano sugli italiani perché costano meno.
Ci troviamo di fronte all’ennesima intollerabile porcata xenofoba che va denunciata con forza.
Invocare la derattizzazione delle migliaia di lavoratori frontalieri che da anni stanno contribuendo alla ricchezza e allo sviluppo della vicina Svizzera è qualcosa di aberrante.
O forse anche stavolta ce la caviamo con: Allegria è tutto folklore d’osteria
. GPS

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