Oggi torniamo a parlare del Parco Regionale della Vena del gesso romagnola, lo facciamo dopo vari mesi e dopo le elezioni comunali che hanno interessato quasi tutti i comuni all’interno del parco.
Una prima valutazione politica che si può fare è quella che chi ha cavalcato la ”paura” del parco, in particolare il centro destra ne esce con le ossa rotte. Tutti i candidati sindaci che hanno sostenuto il parco sono stati eletti.
D’altronde sono oltre 20 anni che si vota con “in mezzo” il parco e la spinta propulsiva della “paura”, non poteva che fare flop.
Certo un po’ di “giapponesi” restano ancora annidati nella grotta del Re Tiberio ma presto si accorgeranno anche loro che la guerra è finita.
Sul piano strettamente politico credo che il problema oggi, si sia capovolto. Il pallino ora sta nelle mani di chi ha promesso il parco ed è stato votato, eletto e dovrà renderne conto perché non lo fa.
Una prima valutazione politica che si può fare è quella che chi ha cavalcato la ”paura” del parco, in particolare il centro destra ne esce con le ossa rotte. Tutti i candidati sindaci che hanno sostenuto il parco sono stati eletti.
D’altronde sono oltre 20 anni che si vota con “in mezzo” il parco e la spinta propulsiva della “paura”, non poteva che fare flop.
Certo un po’ di “giapponesi” restano ancora annidati nella grotta del Re Tiberio ma presto si accorgeranno anche loro che la guerra è finita.
Sul piano strettamente politico credo che il problema oggi, si sia capovolto. Il pallino ora sta nelle mani di chi ha promesso il parco ed è stato votato, eletto e dovrà renderne conto perché non lo fa.
Ho già speso un fiume di parole sulla questione parco ed espresso le mie critiche su ”il grande equivoco”, oggi mi preme fare il punto della situazione.
L’insediamento del primo consiglio del Parco Regionale della Vena del gesso romagnola avviene a Riolo Terme il 29 gennaio. Lunedì 23 febbraio 2009 il consiglio del Parco approva le nomine del comitato esecutivo. Il comitato esecutivo (giunta) è “totalmente istituzionale” con Presidente Eugenio Fusignani, assessore ai parchi della provincia di Ravenna.
Da notare che era il 15 febbraio 2005 quando la Regione Emilia Romagna con la legge regionale n. 161 istituì il Parco, ci sono voluti ben 4 anni per adempiere a quanto era previsto per legge in 30 giorni o poco più. Comunque meglio tardi che mai.
Ora sono trascorsi altri otto mesi dall’insediamento dell’esecutivo e del suo Presidente Eugenio Fusignani e sulle colline di cristallo staziona di nuovo nebbia fitta.
Con la costituzione del Comitato esecutivo, ci eravamo illusi che si fosse aperta finalmente la fase di operatività concreta del Parco.
Solo in data 11 agosto 2009 è stato approvata la convenzione con il consorzio di gestione del Parco per l’ utilizzo da parte del consorzio stesso di strutture tecnico amministrative della Comunità montana dell’Appennino Faentino, oggi Unione dei Comuni. Da notare che per firmare una convenzione ci sono voluti oltre 5 mesi. Comunque la struttura organizzativa di avvio, sia per le funzioni amministrative e contabili, sia per quelle tecniche sembra attivata.
Il problema che rimane è tutto politico. Una scelta politica che vuole un esecutivo “provvisorio” e impotente.
La situazione è paradossale e sfiora il ridicolo. Gli Enti preposti per legge abdicano alla loro funzione di governo per partorire un “parco virtuale sospeso”, da una parte l’incapacità politica di decidere e di assunzione di responsabilità e dall’altra la voluta subalternità al ricatto (blef) di una categoria.
Non a caso nel vuoto e nella nebbia, in questi giorni “i furbetti del contadino” (alias associazioni agricole) rilanciano il replay del loro blef.
Siamo pronti a ricorre al Tar, ci fanno sapere dalle pagine dei giornali locali. Ma come, ancora? Allora la cartuccia sparata alla fine di marzo 2009, era a salve?:
“Abbiamo presentato ricorso al Tribunale Amministrativo (TAR) dell’ Emilia - Romagna per dichiarare l’ illegittimità dello Statuto del Parco in quanto non prevede l’obbligatoria rappresentanza degli agricoltori nel Consiglio del Consorzio”. Siamo alla farsa.
Come se ne esce. Penso in un unico modo. I Sindaci dei territori si approprino direttamente dello strumento parco, la delega alla provincia di Ravenna ha esaurito il suo compito. Insistere, in queste condizioni, non si va da nessuna parte e porta al fallimento. Solo così il Parco potrà occuparsi dei problemi veri del territorio:
Piano territoriale di sviluppo del parco, piano degli investimenti, progetti capaci di intercettare tutte le risorse disponibili dalle legislazione regionale ed europea e dimostrare in concreto quello che hanno promesso. Un parco come opportunità di sviluppo e crescita dei territori. Questa è la strada da battere e se “i furbetti del contadino”, hanno delle cartucce (vere) le sparino li. GPS
Da notare che era il 15 febbraio 2005 quando la Regione Emilia Romagna con la legge regionale n. 161 istituì il Parco, ci sono voluti ben 4 anni per adempiere a quanto era previsto per legge in 30 giorni o poco più. Comunque meglio tardi che mai.
Ora sono trascorsi altri otto mesi dall’insediamento dell’esecutivo e del suo Presidente Eugenio Fusignani e sulle colline di cristallo staziona di nuovo nebbia fitta.
Con la costituzione del Comitato esecutivo, ci eravamo illusi che si fosse aperta finalmente la fase di operatività concreta del Parco.
Solo in data 11 agosto 2009 è stato approvata la convenzione con il consorzio di gestione del Parco per l’ utilizzo da parte del consorzio stesso di strutture tecnico amministrative della Comunità montana dell’Appennino Faentino, oggi Unione dei Comuni. Da notare che per firmare una convenzione ci sono voluti oltre 5 mesi. Comunque la struttura organizzativa di avvio, sia per le funzioni amministrative e contabili, sia per quelle tecniche sembra attivata.
Il problema che rimane è tutto politico. Una scelta politica che vuole un esecutivo “provvisorio” e impotente.
La situazione è paradossale e sfiora il ridicolo. Gli Enti preposti per legge abdicano alla loro funzione di governo per partorire un “parco virtuale sospeso”, da una parte l’incapacità politica di decidere e di assunzione di responsabilità e dall’altra la voluta subalternità al ricatto (blef) di una categoria.
Non a caso nel vuoto e nella nebbia, in questi giorni “i furbetti del contadino” (alias associazioni agricole) rilanciano il replay del loro blef.
Siamo pronti a ricorre al Tar, ci fanno sapere dalle pagine dei giornali locali. Ma come, ancora? Allora la cartuccia sparata alla fine di marzo 2009, era a salve?:
“Abbiamo presentato ricorso al Tribunale Amministrativo (TAR) dell’ Emilia - Romagna per dichiarare l’ illegittimità dello Statuto del Parco in quanto non prevede l’obbligatoria rappresentanza degli agricoltori nel Consiglio del Consorzio”. Siamo alla farsa.
Come se ne esce. Penso in un unico modo. I Sindaci dei territori si approprino direttamente dello strumento parco, la delega alla provincia di Ravenna ha esaurito il suo compito. Insistere, in queste condizioni, non si va da nessuna parte e porta al fallimento. Solo così il Parco potrà occuparsi dei problemi veri del territorio:
Piano territoriale di sviluppo del parco, piano degli investimenti, progetti capaci di intercettare tutte le risorse disponibili dalle legislazione regionale ed europea e dimostrare in concreto quello che hanno promesso. Un parco come opportunità di sviluppo e crescita dei territori. Questa è la strada da battere e se “i furbetti del contadino”, hanno delle cartucce (vere) le sparino li. GPS
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti anonimi non sono accettati, le stronzate me le scrivo da solo