venerdì 31 agosto 2007

Melita nuda sulla scultura che ricorda il terremoto

Il comune siciliano di Gibellina insorge
Melita Toniolo, ragazza trevigiana conosciuta per aver partecipato al Grande fratello 7, fa infuriare gli abitanti e il sindaco del comune di Gibellina, Vito Bonanno. La modella ventunenne è stata ripresa nuda dalle telecamere della trasmissione di Italia 1 Lucignolo e ha posato sempre senza veli per il suo calendario sul cretto di Alberto Burri, la grande scultura costruita in memoria del terremoto del 1968 che rase al suolo il paese e fece centinaia di morti in Sicilia. Un affronto, secondo il primo cittadino del comune del trapanese, che ha denunciato Mediaset, i responsabili del programma «Lucignolo» e le redazioni dei settimanali «Chi» e «Star più» e chiesto, secondo quanto riporta "Il Quotidiano di Sicilia", un milione di euro di risarcimento danni.(da ilmessaggero.it)

L'imbecillità non va mai in ferie e non ha mai fine. Lucignolo è una trasmissione per mentecatti.
Il problema non è la quantità di tette e di culi che vi vengono mostrate.Il vero problema è che viene propagandato come “trendy” lo stile di vita di persone mentecatte. Bombarda i ragazzi con l’idea che l’unica cosa veramente importante sia essere ricchi, belli e famosi. Insomma il modello Bellachioma. Comunque molto meglio Melita in versione “Diavolita a cavallo” GPS

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Avete avuto modo di sfogliare il calendario di Melita per Lucignolo?

O magari avete solo guardato DISTRATTAMENTE gli stralci di backstage mandati in onda dal magazine di Italia 1?

E se l'avete sfogliato davvero, siete riusciti ad andare un attimo oltre "le (fantastiche!) tette e il culo della simpatica Melita??

Per quanto mi riguarda io il calendario di Melita l'ho guardato e sinceramente, come raramente accade in questo tipo di pubblicazioni (!!) ci ho letto una serie piccoli rimandi, simboli, suggestioni che a mio parere giustificano perfettamente l'ambientazione degli scatti in terra siciliana.

Ci sono scatti colorati, solari, di grande impatto visivo che con intelligenza e ironia giocano con i luoghi comuni di una Sicilia tra passato e presente (provate solo a guardare con un briciolo in più di attenzione la cover e probabilmente capirete cosa intendo).

Ci sono foto che esaltano le bellezze naturali dell'isola (il suo mare, la Scala dei Turchi...) e altre, in interno, che rimandano alle atmosfere degli antichi circoli nobiliari (una sorta di lascivo "Gattopardo").

E poi c'è LUI, lo "scatto incriminato", la foto realizzata sul cretto di Burri, che è un'immagine fortemente drammatica.
C'è il corpo nudo, bellissimo, solare di Melita che rappresenta LA VITA. Sotto di lei il cretto, un'opera che ricorda la morte, la memoria di un evento naturale che travolge e sconvolge il destino della gente.
C'è il drappo rosso che scorre per le vie del Cretto bruciate dal sole come uno squarcio, una ferita ancora aperta, il sangue, il dolore. Melita è la vita che vince sulla morte. E' la vita che riprende dopo la distruzione. E il Cretto morto, con lei, si rianima.
Capisco che la sensibilità di qualcuno può essere stata urtata dalla scelta della location, ma a mio parere il modo in cui la foto è stata realizzata e il significato che vi si può leggere è tutt'altro che irriverente, provocatorio, dissacrante.
Bisogna però saperle guardare le cose e a volte riuscire con un po' di fantasia ad estrapolarle dal contesto.

Io trovo il calendario di Melita molto intellingente nel concetto base e molto ben realizzato.
I miei più vivi complimenti vanno al fotografo che come un LaChapelle nostrano ha realizzato tredici piccoli splendidi quadri di vita siciliana.

E trovo tutta questa polemica solo una piccola triste bega locale montata ad arte da un sindaco di provincia in cerca di pubblicità per la sua cittadina sconosciuta ai più.

Mi ferisce più di tutto il modo in cui è stata ingiustamente e duramente attaccata la povera Melita che in questo caso era solo una modella, e le modelle posano come e dove viene loro richiesto, non intervengono nella scelta delle location e quindi non possono essere tacciate di ignoranza e mancanza di sensibilità per una scelta magari impopolare (forse ignorante è chi questi attacchi beceri, superficiali e cattivi li lancia con tanta leggerezza contro quello che è EVIDENTEMENTE solo un capro espiatorio. E' chiaro che non conosce i meccanismi dello showbusiness!!).

Credo comunque che alla fine il calendario abbia perfettamente raggiunto il suo scopo, far parlare di Melita e della Sicilia.
Pubblicizzare luoghi sconosciuti ai più e degni di nota.

Oggi in Italia, grazie a Melita, la massa ha riscoperto Gibellina e il Grande Cretto di Burri, ha scoperto frammenti della sua storia e magari in qualcuno è nata la curiosità e la voglia di andarli a visitare quei luoghi "sacri".

MISSIONE COMPIUTA DIAVOLITA-MELITA!

Anonimo ha detto...

I pali eolici sì, le poppe al vento no ?

E’ triste leggere la teatrale indignazione del sindaco di Gibellina Vito Bonanno contro la modella Melita Toniolo, rea di avere posato, poppe al vento, sul «Cretto» di Alberto Burri tra i ruderi della vecchia Gibellina distrutta dal terremoto del ’68. Triste perché questo clamore costruito a tavolino e la consequenziale logorrea di più o meno sinceri risentimenti, è il contraltare penoso e beffardo di un colpevole e compiaciuto silenzio, quello sui pali eolici costruiti sullo sfondo dello stesso «Cretto», senza che si intonassero le rituali prefiche di intellettuali o amministratori «offesi»
Ecco, avremmo fatto a meno di ascoltare il curiale moralismo del sindaco su due poppe al vento (a vederle bene, peraltro, non ci resterebbe solo che contemplarle…) e sentirlo spendere piuttosto una parola di indignazione contro quei futuristici pennacchi bianchi e rossi che svettano sulle colline di Gibellina, la cui azzardata collocazione viola – certamente più che due statuarie tette - quella tanto invocata «sacralità» del luogo.
Forse la Toniolo e la sua produzione hanno avuto il torto di non pagare dazio. Alla «Endesa Italia» è bastato garantire 100 mila euro di introiti per le casse comunali per costruire i pali sul «Cretto di Burri» e trasformare l’eccitata indignazione del primo cittadino in una poco onorevole indifferenza.
Scriveva Gesualdo Bufalino: «La parola è una chiave, ma il silenzio è un grimaldello»

Nino Ippolito
Salemi
ninoippolito@tiscali.it