lunedì 29 ottobre 2007

Parco Regionale dei gessi romagnoli: perchè discriminare gli ambientalisti?

Lettera aperta di Legambiente al presidente della Regione, Vasco Errani, e all'assessore regionale all'Ambiente Lino Zanichelli.

Egregio Signor Presidente, Egregio Assessore,siamo a conoscenza, grazie alla disponibilità del responsabile del servizio parchi che ci ha pregato di non considerarlo un documento ufficiale, del documento “Il Parco della Vena del Gesso Romagnola: opportunità per una agricoltura di qualità” del settembre 2007, successiva a quelle del 6 marzo 2007 (sulla quale avevamo espresso una precisa opinione con il documento “Considerazioni inerenti le azioni di ente e associazioni per la realizzazione per la effettiva del Parco regionale della vena del gesso romagnola” del 16 luglio 2007 e del 19 luglio 2007 (che pur se qualche modifica di fatto ricalcava la stesura precedente).Questo è avvenuto alla vigilia dello svolgimento della Conferenza indetta dalla Giunta Regionale con le province, i comuni e le comunità montane e in via irrituale con le organizzazioni professionali agricole, senza alcuna consultazione o invito a discutere sul merito con le associazioni ambientaliste, sia in sede di conferenza aperta ad altri soggetti non istituzionali, sia in precedenza. L'accaduto si presenta come una plateale discriminazione di un soggetto interessato alla procedura, sia sul piano del merito che su quello normativo il che prefigura un rapporto per noi inaccettabile di cui verificare le caratteristiche anche sul piano giuridico. Infatti la questione assume anche aspetti inerenti la legittimità degli atti, ma vorremmo non essere messi in condizione di doverci occupare di questa delicata vicenda sotto questo profilo. Per quanto riguarda il merito del documento, la stesura del settembre 2007 ricalca quasi integralmente la precedente e la situazione da noi indicata (mancata istituzione del Consorzio quale Ente di gestione, conseguente approvazione dello Statuto, ...) appare completamente immutata.Ripetiamo che appare allora alquanto anomala la produzione di un documento d'iniziativa delle Province di Ravenna e Bologna incentrato su tematiche attinenti compiti dell'Ente di Gestione (art. 33 L.R. n. 6/2005); così come è sia stata una anomalia il prolungarsi per mesi un confronto fra Regione, Province e Associazioni professionali agricole su un documento e temi che tra l'altro dovevano essere oggetto di altri sedi di confronto istituzionale (ad esempio: discussione sulle linee guida per gli accordi agro-ambientali; linee guida per).Legambiente Emilia-Romagna, come sopra ricordato, aveva espresso considerazioni e precise opinioni su quanto contenuto nel merito del documento “Parco della Vena del Gesso Romagnola: opportunità per un'agricoltura di qualità”. Ribadiamo - sottolineando come in particolare per le questioni che riguardano le rappresentanze nell'Ente Parco ciò che è contenuto nel documento (che richiama l'atto unilaterale d'obbligo approvato dagli Enti locali) - sia improprio e sbagliato e di sapore corporativo.Dobbiamo ricordare che l'Ente di gestione è un Consorzio obbligatorio costituito tra le Province, i Comuni, le Comunità montane e che quindi i rappresentanti nel Consiglio e nel Comitato esecutivo devono essere rappresentanti delle Province di Bologna e Ravenna, dei Comuni di Brisighella, Casola Valsenio, Riolo Terme, Borgo Tossignano, Fontanelice, Casalfiumanese e delle Comunità montane dell'Appennino Faentino e Valle del Santerno, che sono loro stessi i soci esclusivi (quindi se così si può dire i titolari delle “quote” del Consorzio).Non sono quindi previsti “adeguati numeri di rappresentanza” o “quote del 50%” per una categoria o l'altra. Altra cosa è invece se alcuni di questi rappresentanti vengono scelti nel mondo agricolo o in mondi delle associazioni portatrici di interessi specifici in modo da rappresentare la realtà territoriale ed economica dell'area nella quale si costituisce il parco. Comunque restano rappresentanti degli enti pubblici partecipanti al Consorzio che devono a loro volta rispondere alle loro intere collettività e non a singole categorie od associazioni.Il Comitato tecnico-scientifico, invece, è un organismo consultivo con funzioni propositive ed è formato da esperti nelle materie e nelle discipline attinenti alle specifiche caratteristiche dei singoli Parchi; la sua composizione è stabilita dallo statuto del Consorzio. Quindi anche questi non sono rappresentanti, ma esclusivamente esperti che possono provenire ovviamente da mondi diversi.Altra cosa è la Consulta che deve essere rappresentativa delle categorie economiche, sociali, culturali, delle associazioni ambientaliste aventi una rilevante rappresentatività a livello regionale e degli enti maggiormente rappresentativi e interessati all'attività del Parco (art. 20, comma1, L.R n.6/2005).Altra cosa ancora è l'organo consultivo, costituito da una rappresentanza degli agricoltori operanti nel Parco in presenza di accordi agro-ambientali (art. 20, comma 4, L.R. n.6/2005).Altra cosa è, infine, se si rende esplicito ed effettivo il metodo della trasparenza, della partecipazione, della concertazione con tutti i portatori di interessi coinvolti dalla vita e dalle scelte operate dovrà operare l'Ente di gestione del Parco ( tra queste pensiamo che un ruolo importante lo abbia il mondo agricolo ed il suo associazionismo).Per ciò che riguarda le questioni inerenti il perimetro del Parco, la richiesta di rideterminare ed eventualmente ridurre le aree di Parco e le aree contigue attraverso addirittura la “richiesta” della singola azienda agricola ci pare che non sia assolutamente accoglibile e addirittura un pericoloso precedente date le caratteristiche di programmazione territoriale ed urbanistica e la modificazione del valore delle aree in questione che ne consegue.Anche il fatto che sia in corso il censimento delle aziende agricole finalizzato anche alla modifica della zonizzazione, attraverso il piano territoriale del parco, nel caso che alcuni appezzamenti agricoli siano stati per errata valutazione circa le loro potenzialità ambientali in zona B, al fine della loro corretta ricollocazione in zona C o in area contigua ci pare una attività impropria e istituzionalmente scorretta.A nostro parere i Parchi sono luoghi nei quali, oltre che porre particolare attenzione alla salvaguardia naturale e del paesaggio, è necessario incentivare e sostenere interventi gestionali che consentano la tutela delle aree rurali, attraverso la valorizzazione delle imprese agricole in esso insediate, ponendo attenzione contemporaneamente alla qualità dei prodotti, alla loro tipicità, ai processi produttivi alla tutela ambientale, come previsto negli articolati della legge 6/95 alla quale abbiamo offerto la nostra collaborazione e i nostri contributi.Ci preme ricordare inoltre che la filosofia della legge sulle aree protette non è quella di assecondare spinte che provengono da singoli interessi o da singole aziende.D'altronde non si capisce bene, se veramente si punta ad una “opportunità per una agricoltura di qualità”, cosa abbia questo a che fare con la riduzione delle aree di parco. Anzi la L.R. n.6/2005 anche grazie all'intervento congiunto fra Legambiente Emilia Romagna e la Federazione Regionale dei Coltivatori Diretti punta ad inserire nelle aree di Parco altre aree agricole. Se è vero che le aree protette sono tenute a favorire un'integrazione fra tutela dell'ambiente e sviluppo economico-sociale del territorio, per non creare “parchi museo” bensì “parchi laboratorio” dove le attività produttive dell'uomo sono parte integrante dell'ambiente, senza peraltro danneggiarlo, allora l'approccio è esattamente opposto, cioè mettere in opera azioni che possano portare altre aziende a sviluppare una agricoltura di qualità ed a entrare nel Parco. 25 ottobre 2007 (da sabatoseraonline.it) GPS

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