lunedì 30 aprile 2007

Festa di Primavera 2007 Una bella Festa




La Festa di Primavera edizione 2007 è stata, credo si possa dire, una delle migliori da decenni a questa parte.
L’operazione rilancio operata dalla nuova Pro Loco è perfettamente riuscita, dopo anni di stagnante incuria, la sua rivisitazione ha funzionato e il pubblico ha apprezzato.
Asse portante del nuovo rilancio, ma non solo, è stata l’idea della sfilata notturna.
La sfilata notturna si è rilevata suggestiva, affascinante, coinvolgente, con una rivalutazione dei “carri di gesso” casolani straordinaria. Il livello delle produzioni realizzate dalle società è notevole.
Le strutture, coreografie, sceneggiature, raffinatezza dei costumi e per ultime luci e musica ne fanno un evento davvero unico.
Da segnalare i mangiafuochi trampolieri del gruppo "Elastica Teatro" che dopo la sfilata dei carri, ha celebrato il rito del rogo della Segavecchia in Piazza Sasselli, con balli e giochi di fuoco. Spettacolo davvero seducente e fantastico che ha dato un senso anche al “rogo della Segavecchia”. Per la festa nel complesso si è intrapresa la strada giusta per il suo rilancio, continuando a sperimentare, rinnovare senza troppi timori.

Voglio inserirmi nel dibattito con alcune considerazioni:

Giuria: quello che è successo nel verdetto con “ex equo” non, sta nella storia dei carri casolani, credo sia successo una sola volta con effetti disastrosi anche allora, va considerato un incidente di percorso.
“ Il contratto triennale” non convince, credo più utile chiedere ai giurati uno sforzo di elaborazione più ampio, dettagliato e motivato del giudizio che si da a ogni singolo carro, dei pregi e dei difetti riscontrati. Una motivazione dettagliata può essere utile anche alle Società.

Relazioni: Anche sulle relazioni che accompagnano il carro la discussione è senza fine.
“... io non credo di aver scritto una relazione così ermetica da non essere comprensibile alla prima lettura e con la rispondenza diretta e visiva del carro poi…” Il problema è proprio questo,
negli ultimi anni la maggior parte delle relazioni sono incomprensibili e avulse dal contesto del carro. Il più delle volte nessuno ci capisce niente. Se poi, chi le scrive, manco se ne accorge .. diventa un dramma.
“…il problema che hanno e che ho sempre cercato di fargli capire e' che sono messaggi ermetici e incomprensibili...” concordo con questo giudizio. Anche qui va fatto uno sforzo di semplicità, immediatezza, rendere comprensibile i contenuti dei carri alla più ampia platea possibile (e alla Giuria) è il modo più efficace per far apprezzare e amare i “carri di gesso” e la Festa di Primavera.

Ultima proposta, per vedere i carri bisogna ritornare a far pagare il pubblico, un prezzo accessibile, politico ma va fatto, la qualità dello spettacolo che si offre lo giustifica, inoltre se si vuole continuare a migliorare e arricchire con nuove iniziative la festa, servono risorse ..
Anche per ….”di stanziare i fondi equivalenti alle società per sviluppare maggiormente l'effetto luci e fare fronte ai costi della doppia sfilata”…

GPS

domenica 29 aprile 2007

NASCE IL PARCO REGIONALE DELLA VENA DEL GESSO ROMAGNOLA


Il 16 febbraio 2005 scrivevo
Dopo oltre venti anni di discussione animata che ha coinvolto le comunità locali, le Province, il mondo ambientalista, quello agricolo e le associazioni venatorie, il Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola è finalmente legge regionale. Il Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna, ha, infatti, approvato nella seduta del 14 febbraio 2005 l’ istituzione del Parco che si sviluppa su oltre 6.000 ettari nei Comuni di Brisighella, Riolo Terme, Casola Valsenio, Borgo Tossignano, Fontanelice e Casalfiumanese.

Le aree destinate a parco sono circa 2.000 ettari, distribuiti per due terzi nel territorio della provincia di Ravenna e per un terzo nella provincia di Bologna, mentre le zone di pre-parco e le aree contigue saranno circa 4.000 ettari. La legge suddivide questo territorio in 4 zone, con livelli differenti di tutela, dunque di tutela. La zona A, a “protezione integrale” (Ha. 52), riguarda soprattutto il versante Ravennate: la riva di San Biagio, il rio Basino, rupi di Monte Mauro e rio Cavinale. Qui l’accesso sarà consentito solo per scopi scientifici ed educativi con l’ausilio di guide autorizzate dal gestore. Nella zona B, in cui si comprendono “rupi ed emergenze gessose, aree a vegetazione naturale, ingressi delle grotte e doline” (Ha. 738), non si potrà impiantare alcun’attività, costruire, campeggiare, tagliare alberi e siepi se non per manutenzione, cacciare, aprire nuove strade. Ma è concessa la manutenzione e la creazione d’infrastrutture “d’interesse locale”, l’apertura di piste forestali. Nella zona C di protezione valorizzazione agroambientale sono inseriti i calanchi e le zone ad uso agricolo (Ha. 1.256). L’agricoltura si potrà portare avanti compatibilmente con la vita del parco, anche le costruzioni sono concesse, solo a uso agricolo e compatibili col parco, come le piste e gli accessi a uso privato devono essere finalizzate alle attività colturali. Vietata anche qui la caccia come nelle due zone precedenti. All’ultima zona, cosiddetta “area contigua o pre-parco” (Ha. 4.046), si applicano le norme urbanistiche e comunali vigenti, ma si vieta la modifica del sistema idraulico sotterraneo, l’eliminazione di siepi, torrenti e fossi, l’alterazione di grotte e doline, la conversione dei prati seminaturali e dei pascoli nelle aree calanchive.

Il testo approvato dall’aula nasce da un progetto di legge d’iniziativa popolare presentato dalle Province interessate – Ravenna e Bologna – dalle Comunità Montane e dai sei Comuni territorialmente coinvolti. Si tratta di un caso unico a livello nazionale perché di solito i Parchi nascono sulla base di istanze che provengono dall’ esterno del territorio. Questa volta, invece, il Parco è nato per volontà e responsabilità, diretta e primaria, degli Enti Locali; gli stessi che saranno chiamati a gestirlo attraverso uno specifico Consorzio, consolidando, quindi, un protagonismo diretto dei responsabili principali delle Comunità interessate.

Con il Parco sarà tutelata e valorizzata una delle più importanti emergenze gessose a livello nazionale e saranno protetti anche importanti valori botanici, faunistici e paesaggistici. Si apre ora una fase costituente che dovrà vedere impegnati, allo scopo di tratteggiare il futuro assetto pianificatorio del Parco, innanzitutto gli operatori agricoli, turistici e faunistici presenti nell’area. Grazie al Parco trarrà vantaggio la promozione e la valorizzazione dell’Appennino Faentino e Imolese, un territorio ricco di straordinarie emergenze ambientali e culturali ma anche di prodotti agricoli di qualità e di centri urbani di grande valore storico e monumentale.
L'istituzione del Parco, rappresenta, per l’ intero territorio, un'occasione unica per conservare in primo luogo la diversità biologica ed ecologica dell'area, nonché per consentire un utilizzo sostenibile delle risorse naturali e lo sviluppo delle attività compatibili con la tutela dell'ambiente. La missione del Parco, è essere l'elemento centrale, il fulcro, di una strategia di valorizzazione territoriale della collina che, in quanto elemento unificante, di forte visibilità e identità territoriale, tenga assieme l'esigenza di riconoscibilità di questa area e le opportunità di valorizzazione di tutti gli altri elementi e fattori su cui articolare il "Piano territoriale del parco".

Un parco, dunque, che supera la concezione vincolistica dei parchi e promuove una più ampia partecipazione delle categorie economiche e sociali alle scelte fondamentali delle aree protette,
valorizza il ruolo delle popolazioni residenti, in particolare dei produttori agricoli, prevedendo che, dove la loro presenza nel tessuto produttivo sia forte, le scelte del parco debbano tener conto dell’attività agricola svolta in armonia con le nuove norme comunitarie, nazionali e regionali. In questo modo viene riconosciuto il ruolo multifunzionale dell’agricoltura e il contributo fondamentale che essa può dare per la conservazione dell’ambiente naturale e per garantire la permanenza dell’uomo sul territorio.

Ed è proprio su questo aspetto fondamentale che lo strumento parco nell’ ambito del suo “Piano territoriale” o “ Progetti d’area” non potrà non attivare un vero e proprio Progetto "Agricoltura e Parco" che fondi il suo presupposto sulla valutazione delle caratteristiche peculiare del territorio, per favorire le produzioni agricole ecocompatibili e per la loro valorizzazione. Tale valorizzazione si realizza ricorrendo ad un "Marchio" che ne faciliti il riconoscimento e la provenienza sia presso quanti frequentano il Parco, sia presso importanti segmenti della distribuzione organizzata. Il crescente ricorso da parte delle imprese agricole a tecniche di coltivazione che limitano o addirittura evitano l'utilizzo di prodotti chimici di sintesi, le nuove esigenze di mercato, le indicazioni e le opportunità offerte in ambito U.E., le sollecitazioni dei consumatori, rappresentano il presupposto delle molte opportunità che il parco offre.
Salutiamo con favore ed interesse questa nuova legge, che apre nuovi scenari e opportunità per lo sviluppo della nostra collina, anche attraverso strumenti legislativi molto interessanti:per favorire lo sviluppo delle aree destinate a parco e di quelle contigue, tutte le zone sono state inserite nella misura comunitaria “Obiettivo 2”, che dà la possibilità agli enti pubblici e privati, di accedere anche ai finanziamenti del “Leader +”, “Agenda 2000”, il Piano Regionale di Sviluppo Rurale, il “Life Natura” e il “Life Ambiente”.
Vi sono, inoltre, finanziamenti diretti di Regione e Stato conseguenti all’istituzione del parco, rivolti agli enti pubblici e ai privati, per la realizzazione di progetti finalizzati al recupero e alla valorizzazione delle risorse ambientali ed allo sviluppo socio-economico del territorio, ivi compresa la ricerca scientifica, l’educazione ambientale, la fruizione turistica, la conoscenza del parco e le acquisizioni immobiliari effettuate per le stesse finalità. Gianpaolo Sbarzaglia 16 febbraio 2005

Si sono persi il Parco


La Contea di Tolintecul comprende 6 comuni e due province essa si stende per circa 13 leghe.
La caratteristica della Contea è rappresentata da un vero e proprio baluardo litologico, definito in maniera particolarmente appropriata dal geologo Sacco "una muraglia naturale che separa nettamente la regione subappenninica pliocenica da quella subappenninica miocenica", e che gli abitanti di Tolintecul chiamano "la Vena del Gesso".

I Tolinticulesi hanno discusso per circa 6 lustri, se fare di questo “baluardo litologico” formatosi milioni di anni fa, un parco della terra dell’Emilia Romagna.

I capitani dei Castelli della Contea , il Conte Bizantino e la Contessa Felsinea nel periodo elettorale e nei loro Programmi per 2 lustri hanno promesso il parco.
Sentite cosa scriveva nel PROGRAMMA DI GOVERNO il Conte Bizantino:
“L'altro grande obiettivo e' quello di completare all'inizio del prossimo mandato l'iter legislativo di costituzione del Parco Regionale della Vena dei Gessi Romagnoli che comprende gli ambienti naturali dei territori collinari dei Comuni di Casola Valsenio, Brisighella e Riolo T. e dell' Imolese.
Questa è per noi una scelta qualificante sia per meglio salvaguardare un patrimonio naturalistico importante e peculiare ma anche per costituire uno dei punti di forza dello sviluppo della collina basato sull'intreccio fra prodotti tipici e di qualità dell'agricoltura, ambiente e turismo naturalistico, culturale e termale.
La scelta che intendiamo confermare e' quella di costruire un Parco vivo che tenga conto delle esigenze delle popolazioni locali e che ne favorisca la crescita in termini di sviluppo economico, di occupazione qualificata e di qualità della vita, un Parco gestito dai Comuni e dalla comunità locale.
La rapida costituzione del Parco può consentire di concentrare sul territorio collinare risorse importanti derivanti dalla legislazione dei Parchi, dall'Obiettivo 2, dal Leader Plus e da altri programmi comunitari (es. Life) che possono consentire di creare percorsi turistico naturalistici di straordinario interesse intrecciati ai percorsi enogastronomici delle strade dei vini e dei sapori, realizzare armoniche strutture di servizio ( Centri visita, aule didattiche ecc. ) essenziali per l'identità del Parco e per il turismo scolastico e naturalistico, qualificare l'insieme delle strutture turistiche, da quelle ricettive a quelle termali e sportive, favorendo una crescita delle presenze e un allungamento della stagione turistica “

Poi finalmente il gran governatore della Terra dell’Emilia Romagna emise il suo editto definitivo è fu decretato la costituzione del Parco.
Due lunghi anni sono trascorsi da quel 15 febbraio 2005, e nelle terre di Tolintecul il silenzio è come una tomba, per i capitani dei Castelli, il Parco si è perso e l’editto del gran governatore conta come il 2 di coppe.

E allora??? “Questa è per noi una scelta qualificante…” “La rapida costituzione del Parco può consentire di concentrare sul territorio collinare risorse importanti…” ” lo sviluppo della collina basato sull'intreccio fra prodotti tipici e di qualità dell'agricoltura, ambiente e turismo naturalistico, culturale e termale.“????

Ma non solo, si sono attivate pure le norme di salvaguardia, così oggi soli vincoli e prescrizioni e sotto il vestito niente, come dicevano i seguaci della nera contea contro il parco.
Veramente un bel risultato.

E come si dice nella nostra Contea: La vita è una tempesta, ma prenderla nel culo è un lampo.

GPS