martedì 22 maggio 2007

Secondo D'Alema la politica è in crisi. Ha ragione? Cosa fare, allora?


“È in atto una crisi della credibilità della politica che tornerà a travolgere il Paese con sentimenti come quelli che negli anni '90 segnarono la fine della prima Repubblica.” Massimo D’Alema (dal corriere.it)
E’ il macigno che ha gettato nello stagno, invitando tutti a fronteggiare la crisi.
È proprio vero, la sfiducia verso la politica e i suoi esponenti è sempre più diffusa.
I Sondaggi confermano: elettori delusi dal Parlamento. Il 70 per cento non si fida più dei politici.
L'80% ritiene che i «politici sono interessati ai voti della gente e non alle sue opinioni».
La sensazione prevalente nei cittadini è che i politici, in modo pressoché indifferenziato, compresi quelli del proprio partito — siano disinteressati alle problematiche vere del Paese e abbiano in mente soprattutto l'esigenza di essere rieletti. L'80% ritiene che i «politici sono interessati ai voti della gente e non alle sue opinioni». E il 77% pensa che «gli uomini di governo non sono realmente interessati a quel che succede alla gente come me».

“E’ un sentimento di insofferenza, spesso di rabbia e indignazione verso un sistema percepito come una “casta” di mediocri privilegiati. Non so dire quanto ciò possa preludere a un collasso vero e proprio. Però sbaglieremmo a ritenere che il problema non abbia raggiunto una gravità allarmante. ” rincara la dose Gianni Cuperlo.

Ma basta vedere alcune trasmissioni intelligenti come Repoter dell’ottima Milena Gabanelli o leggere il libro ”La Casta” di G.Antoni Stella e Sergio Rizzo per capire che non solo la politica, la macchina burocratica, la sanità, la scuola, la giustizia…. Sono sentite o percepite come nemiche.
L'esperienza politica quotidiana è costellata di emergenze che impongono una radicale revisione delle forme di aggregazione e di consenso dei cittadini e che alludono a un altro e differente rapporto tra politica e società.

Concordo con D’Alema, sulla gravità della situazione, ma come se ne esce?

Naturalmente non ho la soluzione, essa va costruita con pazienza, determinazione e convinzione e il riferimento non può che essere “la democrazia”:

Mi azzardo ad elencare alcune ipotesi di una teorica ricetta:

1) Significato delle parole – Quando si dice una cosa, quando si scrive un programma, quando si fanno promesse, si devono mantenere, i cittadini non sono dei coglioni. Insomma attenzione a come si razzola nei comportamenti concreti. Sarebbe già qualcosa, cominceremmo ha ridare significato vero alle parole, l’era del Pataccaro di Arcore è stata devastante anche su questo aspetto, scimmiottarlo è suicida.
2) Partecipazione - Intanto cominciamo che “La casta” consideri i cittadini, come cittadini e non come sudditi. L’antico bisogno di un disegno politico collettivo che sia comprensibile e che parli anche dei bisogno delle persone e per le persone senza enigmi e senza equivoci. “Non è vero che i giovani non si interessano di politica: non sono interessati a ciò di cui discutono i politici.” Anche in questo c’è un fondo di verità. E’ necessaria “ Una rivoluzione. Cioè rovesciamento tra politica e società, fine dell’oligarchismo e dei “partiti personali” dice Alfredo Reichin.
3) Gli altri punti al prossimo post…….. o meglio metteteli voi… non fatevi prendere dal sentimento generale che tanto non ci possiamo fare niente, facciamoci su due chiacchiere e buonanotte... GPS

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