giovedì 8 novembre 2007

Dico, PD Emilia Romagna “nessun cedimento all’integralismo cattolico”

Martedì 6 scorso, a proposito del progetto di legge sulle famiglie scrivevamo “Una posizione da Ponzio Pilato che non mi piace. Una battuta di arresto nella battaglia dei diritti che nella nostra regione è difficilmente comprensibile”. Ieri in una intervista a (Sabato Sera di Imola) il PD risponde alle critiche.

Daniele Manca, Presidente del Gruppo Uniti nell'Ulivo–Ds nell’Assemblea Regionale dell’Emilia Romagna, sgombra il campo dalle polemiche sul progetto di legge sulla famiglia firmato dal Partito Democratico. “Non vi è contrasto tra aiuto alle famiglie e allargamento dei diritti individuali. Siamo contro ogni tipo di discriminazione”.
Inizio movimentato per il Pd emiliano romagnolo. Il
progetto di legge sulle famiglie presentato dal Partito Democratico in Assemblea Regionale, infatti, restringe il campo alla famiglia (“come inteso dalla costituzione”, si legge in premessa) e alle altre “relazioni familiari normativamente riconosciute”. Quindi, di fatto taglia fuori la complessa realtà delle coppie di fatto. Ovviamente sono scoppiate le polemiche. C’è chi ha parlato di laicità messa nel sottoscala, chi di Partito "Democratico e Cristiano”, chi, come Franco Grillini ha commentato: “il Partito democratico si è dimostrato subito subalterno all’ala clericale”.
Abbiamo chiesto delucidazioni a Daniele Manca, Presidente del Gruppo Uniti nell'Ulivo–Ds nell’Assemblea Regionale dell’Emilia Romagna.
"Intanto va chiarito subito un concetto: non è una legge sulla famiglia, ma “per promuovere e sostenere le famiglie e le relazioni fra le persone”. La legge ha intenti chiarissimi, intende affrontare in maniera innovativa le tematiche del welfare in relazione ai cambiamenti che dobbiamo affrontare: immigrazione, autosufficienza degli anziani, disagio giovanile. Nel fare questo intendiamo valorizzare le relazioni tra le persone. Il nostro progetto di legge vuole promuovere e valorizzare la dimensione famigliare, qualunque essa sia, come pilastro fondamentale per appoggiare politiche sociali alternative. Rafforzare la domiciliarità degli interventi puntando sulle relazioni tra le persone che diventano protagoniste del nuovo welfare fin dalla programmazione".
Quindi nessun arretramento sulla laicità?
Assolutamente no. La cinghia di trasmissione tra i nuclei familiari è molto diversa da 15 anni fa. La vita sociale è più flessibile e mobile, sono più deboli le relazioni parentali. Pensiamo solo al problema dell’autosufficienza degli anziani. Fortunatamente la speranza di vita si allunga sempre di più, ma non possiamo pensare di costituire gigantesche case protette. Questo è il tema e la prospettiva del nostro progetto di legge. Ma insieme a questo progetto di legge vi è tutta la nostra attività di programmazione pronta a contrastare le discriminazioni presenti, che riguardano, per esempio, gli orientamenti sessuali, la diversa provenienza geografica e la disabilità. Il partito democratico intende rimuovere queste discriminazioni, con progetti di promozione dell’accettazione della diversità. Tentiamo di rispondere a due richieste legittime della società, due richieste che non sono contrastanti e che solo una battaglia ideologica può considerare antitetiche. Non vi è contrasto tra aiuto alle famiglie e allargamento dei diritti individuali. Il Partito Democratico, su questi temi, deve compiere una sintesi vera e reale e lo sta facendo. Crediamo sia una scelta di grande rilievo.
Ma perché restringere la famiglia alla norma nazionale del 1954?
Avevamo il problema di definire il nucleo familiare visto che l’unione civile non ha avuto riconoscimento nazionale. Ci siamo quindi rifatti alla norma nazionale, ma senza nessun intento discriminatorio, anzi, ci auguriamo di poter accogliere al più presto il riconoscimento delle unioni civili. Anche sulla questione del diverso orientamento sessuale non vi è stata nessuna chiusura. Abbiamo chiesto e, continueremo a chiedere, alle associazioni che si occupano di questi temi, collaborazioni e consigli. Ovvio che in assenza di una legge nazionale queste persone subiscano discriminazioni rilevanti, ma il nostro impegno, la nostra proposta di legge, speriamo possa dare un contributo positivo alla rimozione delle barriere nazionali.
Se manca una riconoscimento nazionale sulle unioni civili non è certo per colpa della sinistra radicale. Molti hanno sottolineato come il tema della laicità sia il punto debole del Partito Democratico, probabilmente è questo tema che ha spinto quasi il 20% degli elettori regionali che avevano votato Prodi alle Primarie del 2005 a non recarsi alle urne alle primarie per il Pd. Non è ovvio che su questi temi vi troviate i fucili puntati contro?
Intanto questa Regione è molto più avanti di come la descrivono alcuni critici a questo progetto di legge. Si pensi solo alle leggi del 2001 sull’assegnazione degli alloggi pubblici che contemplano fra i destinatari non soltanto le coppie sposate, bensì anche le famiglie anagrafiche, o “di fatto”, poiché considerano prevalente il bisogno delle persone rispetto ad altre considerazioni. La nostra idea di nuovo welfare intende basarsi proprio sul rafforzamento delle relazioni tra le persone, senza discriminazioni. Stiamo dimostrando, con provvedimenti precisi che stiamo andando in questa direzione. Io voglio rafforzare la laicità, la società è laica. Affrontiamo i temi in maniera laica e non cedo per nulla alle sentinelle dell’integralismo cattolico. La laicità e il mio approccio culturale e politico, soprattutto su diritti individuali e relazioni tra le persone e sono convinto che bisognerà definire giuridicamente le unione civili. Ma la famiglia, senza un sostegno, rischia colpi insostenibili. La riforma del welfare è essenziale al di là degli scontri politici e ideologici. Detto questo, credo che vista la situazione e il contesto, il fatto che 435.000 emiliano romagnoli si siano recati a votare alle primarie del partito democratico sia stato un grande successo. Qui si trattava di scegliere la dirigenza di un partito, non di scegliere il candidato alle elezioni politiche.
Ma è anche vero che al nord gli elettori delle primarie del Partito Democratico sono stati meno di quelli che avevano scelto Prodi alle Primarie del 2005. Mentre in Calabria sono quasi triplicati (percentuale più alta in Italia in proporzione agli abitanti), raddoppiati in Puglia e Campania. Questo dato le fa piacere o la preoccupa?
Non mi preoccupa assolutamente, è vero che la concezione della politica degli emiliano romagnoli è diversa da quella degli elettori del sud, più attenti ai rapporti con il potere, ma la nascita del Partito Democratico è una grande operazione politica. Eventuali preoccupazioni verrano chiarite con la formazione dello Statuto e del Manifesto del partito democratico. Con tempi rapidi e stabiliti. Attraverso soluzioni moderne e innovative. I cittadini sceglieranno i candidati alle elezioni, nei Comuni nelle regioni ed alle elezioni politiche, non vi saranno più imposizioni dalle segreterie del partito. Non mi sembra una novità di poco conto. GPS

1 commento:

Anonimo ha detto...

Una soluzione è il “bagno di sangue”

13/01/2008

Ci incuriosiscono i 7 punti del programma di Dini (nota 1).
Si tratta di un tentativo della casta dominante e criminale per cercare di salvare l’unità “nazionale” ed i privilegi che per i suoi membri tale unione comporta.
Le “elite dominanti” ed “egemoniche” (sì, quelle definitivamente “gramsciane”) vengono allo scoperto prima che il vento della catastrofe economica sovverta l’ordine costituito rischiando di spazzare via le loro prerogative.
Alcuni punti sono ovvi come l’abolizione delle province. Ora che la casta cattocomunista è al potere tenta di eliminare ogni tipo di espressione della volontà popolare: prima le province e le comunità montane, poi le regioni e le elezioni politiche ogni 7 o 10 anni anziché 5 per naturalmente “ridurre i costi della politica”. Cosa sono 60 milioni di euro, tale è il costo intero della classe politica, anche considerando i finanziamenti ai giornali di partito un granello di sabbia in confronto agli sprechi negli appalti di ferrovie, anas, poste, enel ecc. Il solo non-smaltimento dei rifiuti campani costa annualmente decine di volte il costo della politica in tutta la penisola. La casta aizza il popolo contro i politici per delegittimare la rappresentanza popolare, bene o male democraticamente eletta.
Nella logica della “estrema centralizzazione” in corso da una decina di anni, fomentata dai pennivendoli, INUTILI IDIOTI dell’italia terminale (nota 2). Idem per il punto 7 sulla sanità, un pretesto per portare a Roma il controllo del cruciale settore sanitario con l’effetto di scassare il sistema sanitario come avvenuto per tutto ciò che è finito a Roma o nel Sud (nota 3). Se fosse “cenntalizzata” la raccolta del pattume in breve tempo tutta la penisola diverrebbe come Napoli poiché le gare d’appalto uniche verrebbero vinte dalle stesse ditte ecomafiose della Casta.
Attesa pure la richiesta di “uscita anticipata di almeno il 5% dei lavoratori pubblici” cioè IL RIPRISTINO DELLE PENSIONI-BABY PER GLI STATALI. Sicchè lavorare per 40 anni o più non è affare da “castisti”, è roba da polentoni ignoranti e pure razzisti.
Il punto che ci “intrippa” è il punto 5 ossia “realizzazione del sistema nazionale di valutazione dei risultati scolastici”.
Ci chiediamo cosa intenda il rospo Dini attraverso questa richiesta: perché se uno dice che a Sud ci sono laureati e diplomati, col massimo dei voti, incapaci di distinguere un buco del culo da un buco per terra, che manco sanno l’italiano viene subito tacciato di razzismo e xenofobia.
In verità questa proposta è probabilmente un trucco per aumentare gli stipendi statali tramite “premi di produttività” a chiunque senza verificarne rendimento alcuno. Come nel resto del comparto PUBBLICO nel quale la “produttività” è una vuota parola. Una commedia degli orrori come quella sulla “licenziabilità” degli statali che non lavorano. Avete mai udito di qualche “insegnante” meridionale licenziato in tronco perché assente dal lavoro per 9 mesi l’anno grazie a certificati medici compiacenti?
Tuttavia non fraintendeteci, quelle popolazioni che lorsignori ci hanno insegnato a chiamare “terroni” sono anch’esse delle vittime, costrette ad abbandonare le dignitosissime attività tradizionali di pastorizia, pesca e agricoltura per divenire “dottori” alla Balanzone al servizio del Terrore. Costrette a emigrare colle valige di cartone ed il capo chino, immigrazione meridionale al Nord si configura come una vera e propria deportazione per l’impoverimento del Meridione PIANIFICATO dalla casta unitaria.
I generali dell’armata delle tenebre devono pure salariare e garantire i devoti soldati semplici e caporali nella pubblica amministrazione.
I 7 punti di Dini sono solo l’ennesimo passo verso la dittatura dei poteri forti, univocamente rivolta ad evitare la SECESSIONE.
“Mala tempora currunt” carpiscono i Malvagi.
Hanno premura, sanno qualcosa che noi non sappiamo, ancora. Forse che se buttano fuori il tricolore dall’euro, la barcollante nave italia alla deriva si sfascerà contro gli scogli del mare della Storia.
Badate, sono sempre loro.
Quelli che 150 anni fa unirono la penisola taroccando l’operazione con pretesi “plebisciti”. Sono quelli che, dopo averne consentito l’ascesa al potere, tradirono Mussolini lasciando la popolazione in balia di due temibili eserciti invasori. E ancora quelli che sul sangue dei partigiani edificarono una raffazzonata repubblica fintamente democratica per il sollazzo dei babbei teledipendenti e creduloni. La cui lurida costituzione, come prigione senza sbarre, viene brandita come una spada fiammeggiante CONTRO i cittadini perbene, per scampare i privilegi dei fankazzisti. In passato per nascondere i tremendi delitti della casta medesima come i responsabili delle orrende stragi di stato (di STATO?!?!), oggi per garantire ogni impunità, ogni regalia, ogni benevolenza agli stranieri, i futuri soldati della casta. E basta confrontare i discorsi istituzionali dei nostri politici, in materia di immigrazione, sovranità nazionale e altro, con quelli di Sarkozy, Zapatero o Putin per capire lo scopo dell’italica costituzione.
A partire dal ’68, sull’onda protestataria giovanile, la Casta strumentalizzò gli operai e meridionali per puntellare il proprio potere demoniaco. Col finto “proletarismo” e “rivoluzionismo” salottiero da quartiere Parioli.
Adesso impiega gli immigrati.
Qualcuno temeva l’ingresso forzato di 5 milioni di stranieri.
Sappiate che quella cifra, tra regolari e non, è già stata raggiunta sul territorio della penisola.
I poteri forti puntano in realtà all’ingresso di 10-15 milioni di persone per sovvertire e scardinare ogni retaggio culturale locale. E farli “democraticamente” votare per due partiti artificiali, PD e PdL, srnza radici territoriali tantomeno ideologiche, con cui la casta crede di riuscire a mantenere in piedi un simulacro di democrazia dell’”alternanza” in effetti inesistente. Basta osservare il gioco di sponda tra Chiesa e pseudomarxisti su immigrazione e indulto (i Catto-Comunisti sono due delle branche della casta). Essa inscena una fittizia sollevazione mediante FALSI RIVOLUZIONARI promotori di sterili “grandi riforme”, nella logica di incanalare il disagio sociale crescente in una “ideologia del consenso” piuttosto che di vera rivolta (come ben paventato da Camus).
In italia non serve una rivoluzione, necessita un “bagno di sangue”. Unico mezzo REALE per impedire il gattopardesco TRASFORMISMO della casta dei fankazzisti, il cui potere inestinguibile è la SOLA unità “nazionale” mai esistita ed esistente.
E’ essenziale una marcia su Roma capitale, un’altra, radere al suolo, effettivamente i palazzi “totem” del potere immondo: dal quirinale, camera e senato, palazzo chigi, ai palazzoni ministeriali dell’Eur senza riguardo alcuno, per una volta, al valore storico. E necessita sbriciolarne le macerie in minuti pezzi, a monito di chiunque blateri di ristabilire l’unità d’italia.
Preparatevi psicologicamente, e subitamente.
Ad ammazzare o a essere ammazzati perché questo è il destino riservato a chi non vorrà vivere da SCHIAVO in una nuova Haiti di Papa Doc Duvalier e Tonton Macoute.
Comprendiate che dovrete prepararvi al peggio, sicchè, siate ben certi, che loro non stanno esitando un solo istante a farvi ammazzare dai loro sgherri “migranti”. Useranno l’esercito, se necessario, anche ripercorrendo la Storia, invocando perfino l’ausilio dei “liberatori” a stelle e strisce giudaiche.
Al modo del Kossovo o Irak.
Tutto previsto, Fottilitalia lo scrive dal primo giorno in rete.

di Domenico Gatti del Canna-Power Team
Nota 1: http://www.corriere.it/politica/07_dicembre_30/dini_lettera_programma_41cb3392-b6b1-11dc-976f-0003ba99c667.shtml
Nota 2: per capire chi sono costoro basta guardarsi in giro ai buffoni che reclamano “democrazia dal basso” e poi vogliono eliminare i piccoli comuni, coloro che invocano la democrazia e poi plaudono agli “sbarramenti” elettorali e “uniformità su tutto il territorio nazionale” poi esigono leggi speciali per il mezzogiorno, in verità costoro dovrebbero essere spazzati via per primi.
Nota 3: un breve elenco alfabetico di società nate in Padania e fallite o perennemente assistite da quando sono state trasferite o hanno aperto stabilimenti nel Sud: Alitalia, Alfa Romeo, Cirio, Consorzi agrari, Fiat, Parmalat, Rai, RCS e molte altre.

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