giovedì 19 marzo 2009

La centrale di cogenerazione di Imola

Eravamo ai primi di settembre 2007 quando vi segnalai il progetto di costruzione a Imola della nuova centrale di cogenerazione. Oggi ci ritorniamo su per fare il punto della situazione. Intanto vi rammento che il 23 dicembre scorso, il Sindaco di Imola Daniele Manca, con il Presidente di Hera Tomaso Tommasi di Vignano e l’Amministratore Delegato Maurizio Chiarini, ha acceso le turbine a gas dell’impianto. Ma oggi ne riparliamo per segnalarvi un interessante articolo di Dario Bellatreccia, pubblicato sul Sole 24 all’inizio del mese, che credo valga la pena rilanciare:

Cogenerazione, Hera sposa design e risparmio energetico
Chissà se Enzo Ferrari, che a Imola portò tanti motori a correre sull’autodromo, oggi guarderebbe con un pizzico di ammirazione e di orgoglio la centrale di cogenerazione recentemente avviata dal Gruppo Hera, anche se resta da completare l’involucro che avvolgerà gli impianti. In fondo, un turbogas a ciclo combinato è un motore a combustione interna, come i normali motori a scoppio.
Anzi, per essere esatti, la denominazione “ciclo combinato” vuol dire che i motori sono due: il primo è un turbogas, in cui il metano bruciando riscalda l’aria, che va in pressione e mette in rotazione una turbina. La turbina a sua volta mette in rotazione un compressore che aspira l’aria nella camera di combustione, alimentando quindi ilciclo. I residui della combustione hanno però temperature ancora molto elevate, e possono quindi passare in uno scambiatore di calore, dove generano vapor d’acqua ad alta energia, che muove una seconda turbina. Ambedue le turbine sono collegate ad alternatori, e producono energia elettrica.
Ma non finisce qui: il vapore, dopo aver messo in rotazione la seconda turbina, cede gran parte della sua energia termica ad acqua, che alimenta una rete di teleriscaldamento.
I numeri sono rilevanti: oltre 73 MW elettrici, per un totale di 645 GWh/anno, a coprire praticamente l’intero fabbisogno della popolazione locale. Imola è quindi a prova di black-out elettrico: se in Svizzera dovessero combinare qualche altro guaio sulle dorsali di alimentazione (vedi eventi del 2003, per intenderci), i sistemi di controllo della centrale interverranno automaticamente, sezionando la rete nazionale e mantenendo luci e frigoriferi accesi. Ai GWh elettrici si aggiungono poi i 232 GWh termici annui, anch’essi dimensionati per il teleriscaldamento degli oltre 60.000 residenti. L’efficienza dell’impianto sfiora il 78%: ogni metro cubo di gas bruciato produce energia elettrica e termica per oltre i tre quarti del suo potenziale. Da un punto di vista termodinamico, è una sorta di miracolo, visto che solitamente i rendimenti sono ben inferiori al 50 per ente. Ma, in termini di emissioni, le cose sono ancora più convincenti: “spegnendo” la centrale di Montericco, attualmente in uso, gli NOx si riducono di 72 tonnellate all’anno e la C02 scende di 48 tonn./anno. Ma il vero vantaggio in termini di qualità dell’aria, non del tutto quantificabile ma certamente molto significativo, deriva dall’eliminazione delle decine di migliaia di caldaie residenziali, spesso obsolete. Questi apparecchi saranno sostituiti dagli scambiatori di calore della rete di teleriscaldamento, ovviamente a emissioni zero. Le tristemente note PM10, le micro particelle in grado di penetrare sin dentro i nostri alveoli polmonari, si riducono a circa la metà, ben al di sotto dei livelli prescritti dalla normativa.
Sin qui, gli aspetti tecnologici: dal punto di vista dell’architettura e dell’ingegneria civile, è evidente lo sforzo fatto da Hera per integrare l’opera nel territorio.

Anche qui, i numeri sono importanti: un’area di oltre 4.000 mq; un fabbricato che ospita due enormi turbine, due camini di scarico alti 50 metri per tre metri di diametro, e i due sistemi di aspirazione e filtraggio dell’aria di oltre 400m ciascuno. Una bella sfida per ridurre al minimo l’impatto acustico, e per valorizzare un volume in un paesaggio destinato a grandi impianti, ma pur sempre vicino alla città. L’intento dei progettisti è stato quello di integrare, lasciando comunque un “segno” tecnologico. Un terrapieno nasconde in parte gli impianti di pompaggio acqua, e crea un percorso prospettico che porta all’elemento più evidente, la torre dei camini. Una copertura a pianta quadrata (circa 11 metri per lato) trasforma i due cilindri in una figura elicoidale che si torce fino a 10 gradi in cima, a quota 50 metri: migliaia di profili metallici, distanti tra loro pochi centimetri e sostenuti da braccetti di lunghezza variabile, realizzano l’effetto rotazionale e contemporaneamente dissipano calore e vibrazioni, aumentando rendimenti e sostenibilità, quella acustica in particolare. L’impatto acustico è stato simulato e risolto con pannelli fonoassorbenti e fonoisolanti che abbattono i livelli all’esterno di oltre 20 db, fino ai 50 db previsti dalla normativa. Roberto Barilli (direttore generale di Hera e uno dei “padri” della centrale) e il sindaco di Imola, Daniele Manca, possono dirsi soddisfatti per aver concluso felicemente un percorso dove gli aspetti tecnici sono certamente rilevanti, e i benefici per la cittadinanza sono altrettanto evidenti e misurabili. Un percorso lungo, il cui iter autorizzativo è durato oltre quattro anni, un’eternità in confronto ai “soli” 16 mesi impiegati per realizzare le opere civili, costruire l’impianto e accendere le turbine. Una testimonianza di come l’effetto «Not In My Back Yard» si concretizzi materialmente, nel nostro Paese, nei tanti (troppi) livelli decisionali. Essere riusciti a superare tutte le verifiche dimostra competenza tecnica, ma anche capacità relazionale e comunicativa. La capacità di convincere (nel significato di «vincere con») e di condividere con la cittadinanza obiettivi e risultati, che produce spesso quella credibilità che consente di fare, piuttosto che polemizzare. Dario Bellatreccia (fonte Sole24Ore) GPS

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