lunedì 14 giugno 2010

Dal “Che fai, mi cacci?” … al “Che fai, mi impicchi?”

Sulla porcata della legge bavaglio il Fini, col suo drappello repubblicano nel regno di Papi,
prima annuncia battaglie, poi si tura il naso, fa marcia indietro e torna a marciare in avanti, infine tenta il è tutta colpa del Papi. La farsa del Fini rasenta sempre di più una patetica buffonata.
Poi sabato al Corriere ha detto:
La discussione parlamentare è sotto gli occhi di tutti. E ci sarà un motivo se la riforma «viene presentata come una legge liberticida, senza che davvero lo sia», se ha «provocato la sollevazione di tutto il mondo dei media», se «è criticata dai quattro quinti del mondo del diritto», se «ha innescato tensioni nella maggioranza». Nel metodo l’esito non mi convince affatto, «non mi pare sia stato un capolavoro politico, bensì la dimostrazione di come ci si possa far del male da soli».
Il tragicomico “Aspettando Godot” finiano risulta sempre più al capio di una situazione di un chiarimento che non arriverà mai.
Ci ricorda tanto una delle avventure di Pinocchio:
“Ho capito” disse allora un di loro, bisogna impiccarlo! Impicchiamolo! Impicchiamolo!, ripeté l’altro.
Detto fatto, gli legarono le mani dietro le spalle, e, passatogli un nodo scorsoio intorno alla gola, lo attaccarono penzoloni al ramo di una grossa pianta detta la Quercia grande.
Poi si posero là, seduti sull’erba, aspettando che il burattino facesse l’ultimo sgambetto: ma il burattino, dopo tre ore, aveva sempre gli occhi aperti, la bocca chiusa e sgambettava più che mai. Annoiati finalmente di aspettare, si voltarono e gli dissero sghignazzando:
“Addio a domani. Quando domani torneremo qui, si spera che ci farai la garbatezza di farti trovare bell’e morto e con la bocca spalancata”. L’ultimo a parlare fu il La Russa. GPS

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